Certe canzoni
Dicevo, stavo ascoltando Per due che come noi di Brunori Sas. La mia coinquilina l’ha sentita e mi ha chiesto perché lo stessi facendo (ribadisco, se avesse sentito quella di Olly mai mi avrebbe domandato il perché, e credo che questo aneddoto descriva in maniera perfetta la differenza intellettuale tra i due brani).
Perché, non posso? La risposta che avrei voluto dare. Ma non si risponde a una domanda con un’altra domanda; per di più la mia era una domanda retorica che presupponeva una risposta affermativa, io però, alla mia stessa domanda, avrei dato una risposta negativa.
No, non puoi. Avrebbe potuto rispondermi lei (e avrebbe fatto bene). A quel punto io avrei solo dovuto tacere, ma odio tacere, chi mi conosce lo sa bene.
Allora ho spiegato il motivo per cui la stavo ascoltando, un motivo apparentemente futile, della serie: mi hanno mandato una canzone su YouTube, poi questa era tra i suggeriti e l’ho riprodotta.
In realtà non è stato così istintivo come sembra, o meglio, come l’ho fatto sembrare. Mentirei se dicessi che non ho esitato prima di schiacciare play. Perché sì, Per due che come noi non si ascolta a caso.
Ricordo ancora la prima volta in cui l’ho sentita: a tavola dopo cena con i miei genitori. Io però ero seduta nel posto di mia mamma, strano; forse perché il suo è il posto più caldo, sarà per la vicinanza al camino o proprio perché è “il posto della mamma”. Lei in piedi, vicino a me, come se mi stesse chiedendo in silenzio di spostarmi, di strisciare sulla sedia affianco (che poi sarebbe stata la mia) e di lasciarle il posto. Io però, con l’egoismo tipico di un figlio che ancora non ha iniziato a prendersi cura dei propri genitori, non l’ascoltavo. Mio papà seduto sulla propria sedia, ovviamente.
Maty, devo farti sentire una canzone! e mentre mia mamma la canticchiava annuendo con un sorrisino soddisfatto, e mentre mio papà ripeteva alla fine di ogni ritornello quanto Brunori Sas non sia un semplice cantante ma un vero e proprio poeta, io fingevo di concentrarmi nel guardare il video, forse per cercare trattenere le lacrime nei miei occhi. Sarà stato l’ascoltarla con loro ad avermi fatto tanto emozionare, e con questo non voglio togliere alcun merito alla canzone in sé: voglio dire, se avessimo ascoltato insieme Not like us di Kendrick Lamar nessuno si sarebbe emozionato (forse per la barriera linguistica?). Non è mai solo il contesto, ma non è mai neanche solo la canzone.
Ho provato un sentimento ed è strano; mi spiego: non è stato strano il sentimento che ho provato, ma il fatto che io l’abbia provato. E non è strano che io l’abbia provato perché sono insensibile, ma perché non mi sono mai trovata nella situazione raccontata, di conseguenza non dovrei sentirmi coinvolta.
Per due che come noi parla di una coppia, probabilmente sposata, che, dopo anni di vita insieme, affronta una crisi. Com’è possibile che io mi sia emozionata, pur non essendo mai stata sposata, pur non avendo mai trascorso vent’anni di vita con qualcuno, pur non avendo mai provato un sentimento così forte? Non so come, ma è possibile.
Forse questo è il motivo per cui Per due che come noi di Brunori Sas è superiore a Per due come noi di Olly e Angelina Mango.
Entrambe sono canzoni, la prima però è anche una poesia. Non che il ruolo di semplice canzone abbassi il valore, ma ci sono alcuni scritti che senza la musica risuonano ugualmente, a volte addirittura meglio.
Rifletto: “Perché la stai ascoltando?” tutto sommato era una domanda lecita.
Penso che dovrebbero fare un foglietto illustrativo per le canzoni, con tanto di indicazioni per l’ascolto (cioè quando sentirle, ogni quanto e perché) e di controeffetti. E come i medicinali devono essere presi coscientemente, così anche le canzoni: alcune non dovrebbero essere riprodotte se non nel momento del bisogno. Il rischio è ritrovarsi nel momento del bisogno, ma stavolta senza alcun rimedio a cui ricorrere.
Sono assolutamente d’accordo. Dunque mi chiedo: quanto canzoni come quelle dei trapper che incitano all’odio e alla violenza possono influenzare le giovani generazioni? Perché probabilmente in quel momento non dovrebbero ascoltarle. Perché, come dici tu, ci sono canzoni e canzoni… cosa ne pensi?
RispondiEliminaSono d'accordo: la musica, così come ogni altra forma d'arte, è un mezzo di comunicazione e in quanto tale è in grado di influenzare le masse. D'altro canto però è anche il riflesso della società, risponde alle esigenze degli ascoltatori. Quindi, considerarla unica responsabile di una determinata mentalità è errato, così come lo è non affidarle alcun dovere. Ascoltare una canzone che parla di armi non mi farà venire voglia di acquistarne una, ma ascoltare SOLO canzoni che parlano di violenza mi renderà meno sensibile all'argomento. Ovviamente poi entrano in gioco altri fattori, tra cui il grado di influenzabilità del singolo; purtroppo per questo (dico purtroppo perché essere facilmente influenzabili dal mio punto di vista è un difetto) non ci sono rimedi. Pensare alla censura -vista anche la recente vicenda che ha coinvolto Tony Effe e il sindaco Gualtieri- come soluzione è un'utopia: da quando esiste l'uomo esiste anche l'arte, da quando esiste una cultura mainstream esistono quelle controcorrenti ed eliminarle, oltre a non essere possibile, è controproducente sia dal punto di vista puramente artistico (perché censurare è sbagliato) sia dal punto di vista pratico (perché è molto probabile che queste rinascano ancora più forti e radicali di prima). Spero di aver reso la mia visione, grazie per il tuo commento! :)
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