La noia
Un’opportunità del genere non capita tutti i giorni e chi vuole fare della scrittura il proprio lavoro lo sa bene. Sono quei treni che devi prendere al volo, senza ricontrollare sul tabellone se sei al binario giusto, senza fermarti per l’ultima sigaretta, senza nemmeno chiedere al controllore dove ti porterà. Lo prendi e basta. E diciamo che sono abbastanza brava in questo, nel prendere i treni al volo intendo; chiariamo, non perché io sia quel tipo di persona che si fa coraggio in qualsiasi situazione e che si butta a capofitto: i treni io li prendo al volo perché sono sempre, di continuo, perennemente in ritardo.
Ecco, il fatto è che dopo la frenesia, dopo la velocità, l’ansia, l’eccitamento, il fervore, l’energia di salire sul treno, di non prederlo, subito dopo tutto questo c’è calma. Una calma straziante. Il silenzio. La quiete. Ti siedi e stai zitto. Il gesto più rivoluzionario che puoi fare è alzarti per andare in bagno. E questa contrapposizione netta e repentina ti ammazza.
Così io, dopo aver detto di sì a Tommi senza nemmeno rileggere per bene il messaggio, volevo già scrivere. Volevo, a dire il vero, avere di già la prima copia della rivista tra le mani. Con la stessa bramosia di un bambino che vuole finire i compiti per poi andare fuori in giardino a giocare, ma al contempo con la sua stessa sbadatezza e mancanza di idee perché: come potersi concentrare sul presente se la testa è già al futuro?
Volevo il giornale tra le mani ma non sapevo cosa ci sarebbe stato scritto, e non riuscivo nemmeno a immaginarmelo.
E purtroppo non ho ancora imparato a farmi venire l’ispirazione; sceglie lei quando presentarsi e di solito non è mai sola: si fa accompagnare dalla noia o dalla tristezza. Più che altro dalla tristezza, ma evidentemente anche lei ogni tanto c’ha qualcosa di meglio da fare che venirmi a trovare (e per fortuna) e allora ispirazione arriva con noia. Non che sia meglio: la noia può essere peggio della sofferenza se non la si sa gestire. Ma la noia è necessaria e la sua mancanza porta a un impoverimento artistico.
Annoiarsi porta allo sviluppo di pensieri che altrimenti mai avremmo partorito. La noia attiva in noi il desiderio di fare qualcosa, di creare; e così, dopo un periodo di nulla, agiamo e trasformiamo in realtà ciò che essa ci aveva aiutato a sviluppare sotto forma di pensiero. Ecco però, capite bene che questo processo non ha neanche modo di esserci se non ci diamo la possibilità di annoiarci, e purtroppo oggi siamo così iperstimolati che provare noia è un’esperienza rara, anzi rarissima.
In sala d’attesa, sull’autobus, sul treno di cui vi parlavo prima, alle 17:00 di un'uggiosa domenica, durante la lezione di storia, al pranzo di Natale con i parenti, la noia bussa ma noi non rispondiamo più. Non la sentiamo nemmeno. Se mi annoio apro Instagram, TikTok, YouTube, Facebook. Gioco a Clash Royale o scorro tra le foto della galleria. Se mi annoio prendo il cellulare e poi non mi annoio più. Facciamo così perché pensiamo sia così. Come se la noia fosse un mostro, una bestia da combattere ad armi aperte o, peggio ancora, come se fosse un sentimento da uccidere sul nascere. Ci riduciamo in questo modo a uno stato di congelamento: siamo incantati, immobilizzati da azioni che sembrano attive ma, di fatto, sono passive per il nostro cervello.
Non sopportiamo più nemmeno il silenzio, che sia puro o macchiato dal ronzio di una mosca, dallo scoccare delle lancette dell’orologio o dalla goccia che dal rubinetto cade sul lavandino. Il silenzio ci appare più assordante della musica; e infatti la soluzione è indossare le cuffie e ascoltare qualcosa. Amputandoci la possibilità di chiacchierare con l’anziano signore che, come noi, attende di essere servito alle poste, o di parlare un po’ con la cuginetta di nove anni che vediamo solo in occasione delle feste. Togliendoci l’occasione di godere del silenzio e, in seguito, di romperlo veramente. E come il silenzio anche la noia dev'essere vissuta e poi vinta con l'azione.
È il senso di tedio a portare la creatività, la voglia di fare, il desiderio di produrre. Scommetto che le prime pennellate di molti pittori avevano il colore della noia. Che le prime note suonate da alcuni musicisti avevano come melodia la monotonia. Che i versi delle più famose poesie sono stati composti come rimedio per il malumore.
Perché, se la madre dell’estro è la noia, l’unico modo per non vivere una vita davvero noiosa è annoiarsi un po’.
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