Non sono mai solo capelli

Ce li abbiamo sempre in testa ma non ci pensiamo mai, cosa sono? I capelli. 

Isabella Borrelli, digital strategist freelance e transfemminista, scrive:


“Non è un caso che rasarsi la testa sia un gesto di autodeterminazione per le persone associate femmine alla nascita - così come farli crescere lo è per le persone assegnate maschi alla nascita. È il primo elemento su cui possiamo concretamente decidere noi. Per questo tagliare i capelli è una pratica di cura e al contempo una pratica di riappropriazione identitaria”


Rappresentano la prima zona del corpo che siamo chiamati a curare e, quindi, riguardo la quale fare una scelta. Ne consegue che quando abbiamo voglia di cambiamento subito valutiamo una scalatura, dei colpi di sole, cerchiamo su YouTube come fare la tinta rossa a casa (perché diciamocelo, tutte abbiamo passato il periodo della tinta rossa), facciamo le prove per vedere come staremmo con la frangia, le più temerarie prendono le forbici e tagliano. Come se cambiando acconciatura potessimo cambiare stile di vita. In parte è così: i capelli dichiarano la nostra identità, la religione, il periodo storico e la classe sociale a cui apparteniamo, spesso (ma non sempre) anche l'orientamento politico e sessuale. Proprio per questo infatti sono stati usati come strumento politico e culturale contro le minoranze, e in seguito dalle minoranze stesse come mezzo per ribadire la propria identità con orgoglio. Ricordo di aver letto un libro che parlava a riguardo: All'aria sparsi: storia culturale dei capelli

Poiché assumono un significato e questo cambia in base al tempo e allo spazio in cui ci troviamo, i capelli da sempre vengono usati, talvolta sfruttati, nelle relazioni; che l’intento sia costruirle, distruggerle o avere il controllo su di esse, che sia ammaliare, sedurre o confondere l'altro, i capelli sono un metodo semplice ed efficace per riuscirci: perché tutti ce li abbiamo e chi non li ha è caratterizzato proprio dalla loro mancanza. 


Una delle domande a cui la scienza cerca di dare risposta da molti anni (e che ha sempre destato in me molta curiosità) riguarda la preferenza degli uomini sul colore dei capelli femminili: la famosissima "More o bionde?"; povere rosse, vengono sempre escluse dalla domanda, ma spesso incluse nella risposta.

Howard Hawks sostiene che Gli uomini preferiscono le bionde (1953), film in cui recita una delle bionde più iconiche di sempre: Marilyn Monroe. Forse siamo ancora influenzati da anni di miti e di letteratura: Beatrice di Dante, Laura di Petrarca, per non citare le divinità greche (Omero usa la parola xante per descrivere Afrodite, dea della bellezza, la cui traduzione significa proprio "bionda"). Anche nei dipinti rinascimentali troviamo le dame (o le Madonne) ritratte con i capelli chiari.

Pare che si sia trovata una potenziale risposta: fin dall'antichità i nostri antenati hanno mostrato la stessa preferenza, questo perché al tempo le donne dai capelli biondi erano viste come più sane, giovani e, quindi, più fertili (col passare degli anni infatti i capelli tendono a scurirsi). Erano insomma le compagne perfette, il colore dei loro capelli regalava la speranza di una prole numerosa. Anche in alcuni film troviamo richiami a questa idea: in Rapunzel - L’intreccio della torre (2010) Madre Gothel mantiene un aspetto giovane proprio grazie ai lunghi capelli biondi della ragazza; quando quest’ultima se li taglia a caschetto diventano più scuri e la matrigna muore di vecchiaia. 

A proposito di lunghezza, ci sono divergenze tra culture anche riguardo la stessa misura: in molti Paesi europei capelli a pari lunghezza vengono considerati lunghi in un uomo e corti in una donna. 

Ma torniamo al colore: divertente pensare che una delle motivazioni che per anni hanno spinto gli uomini a preferire le bionde (e non escludo che, inconsciamente, sia presente anche adesso in alcuni di loro) è il senso di naturalezza che esse emanano. In verità trovare una bionda naturale è più difficile del previsto, solo nei Paesi nordici la percentuale di popolazione bionda supera quella castana, mentre nel resto del mondo è una vera e propria rarità (in Italia, ad esempio, solo l'8% delle donne è bionda naturale). E infatti oggi avere i capelli chiari senza mai aver fatto una tinta equivale a un vanto, ti rende speciale, unica, riconoscibile; anche la già sopra citata Marilyn Monroe aveva suggerito qualcosa simile: quando le dissero che non sarebbe stata la protagonista del film rispose “Well whatever I am, I’m still the blonde”. Ecco, non dimentichiamoci però che anche la grande star di Hollywood qualche tinta l’ha fatta (per non dire parecchie).


Sembra però che le cose siano leggermente cambiate: secondo una ricerca pubblicata nel Journal of Social Psychology gli uomini tendono a preferire le bionde in giovane età, ma vedono le more come le madri dei propri figli; insomma, viene così confermato il vecchio detto: amano le bionde ma sposano le more. A quanto pare infatti le donne dai capelli scuri donano un maggiore senso di stabilità, a differenza delle bionde che ancora vengono associate alla sensualità, al divertimento e alla passione carnale. Forse è anche questo il motivo per cui esiste la credenza secondo cui le bionde sono stupide: apparendo più giovani, sono viste come immature; in parte gioca anche un altro fattore psicologico: è quello che percepisce la bellezza e l'intelligenza come due caratteristiche tra loro opposte e, di conseguenza, impossibili da trovare nello stesso soggetto. Se sei bella non puoi essere intelligente e viceversa. Osservate come questo bias esista soprattutto (ma non solo) nei confronti delle donne: pochissimi (per non dire nessuno), alla vista di un bell’uomo, penserebbero che quest’ultimo sia stupido. Ma di questo parleremo in un altro articolo. 

Ora, oltre a questi singoli dati, ricerche e supposizioni, la cosa più interessante da notare è come, gli uomini in particolare, siano in grado di giudicare la sensualità e la potenziale genitorialità di una donna a partire proprio dai suoi capelli (colore e taglio). 

I capelli non sono mai solo capelli, vi avevo avvertiti. 


In diverse fasi della relazione essi rappresentano un punto di svolta: capita che ci interessiamo a una determinata persona proprio per i suoi particolari capelli, capita che durante la fase di flirt l’uomo venga sedotto dal modo in cui la donna se li tocca; ancora: i primi contatti, quando con delle stupide scuse tentiamo di avvicinarci toccando i capelli altrui o semplicemente parlandone. Vogliamo poi menzionare il vecchio cliché secondo cui noi donne, dopo una rottura e in preda alle emozioni, ci dirigiamo dal parrucchiere? Come se avessimo bisogno di concretizzare il taglio che abbiamo dato alla relazione con, appunto, un nuovo taglio di capelli. 


Nell’immaginario comune le donne durante le risse si tirano i capelli. Un gesto simile lo troviamo nel porno, questa volta però è l’uomo a tirarli. In generale, tenere una persona per i capelli indica trovarsi in una posizione di supremazia e di controllo. Non sempre però è necessario afferrare fisicamente la chioma, è possibile farlo anche in modo implicito: ci sono uomini che pagano la parrucchiera alle proprie donne perché odiano vederle, ad esempio, con i capelli bianchi. In questi casi la linea che divide il romanticismo dal controllo è sottile: quando il desiderio di recarsi dal parrucchiere non nasce da me ma da te (e tu apri il portafoglio per permettermi di andarci) siamo in una situazione di manipolazione. Questi capelli non mi piacciono, tingiti e mi piacerai. Oppure tagliateli e mi piacerai. Oppure lasciali crescere e mi piacerai. Insomma: cambia! Non parliamo tuttavia di modificare un atteggiamento che danneggia l’altro, e neanche di una semplice scelta estetica (anche se così fosse, non sarebbe comunque legittimo) ma, come abbiamo detto, culturale, politica o religiosa. Insomma, a te non dovrebbero interessare troppo i miei capelli, la loro lunghezza e il loro colore, dovrei invece interessarti io, e se a causa di un caschetto non ti piaccio più, be’ allora non era amore per me, forse lo era solo per i miei capelli. 


La nostra chioma è la prima e più evidente estensione del nostro essere, il modo in cui ci rapportiamo ad essa rappresenta il modo in cui viviamo: chi tiene lo stesso taglio per tutta la vita ed è diffidente anche nel provare nuove esperienze, rimanendo sempre nella propria comfort zone. Chi invece vuole sperimentare di tutto: cambia spesso lavoro, casa, partner, compagnia di amici e…taglio di capelli. Sarebbe però opportuno ricordare a queste persone che quando si cambia sempre, si finisce per non cambiare mai del tutto. Mi spiego meglio: con la convinzione di non dare troppa importanza ai tuoi capelli e con il desiderio di non voler essere definito da essi, li tagli o li tingi; così facendo però assegni loro il compito di differenziarti (dagli altri e da chi eri prima). Prendiamo come esempio un ragazzo che, per non omologarsi ai compagni di classe, decide di lasciarsi crescere i capelli, cadendo nell’illusione di essere diverso. Là fuori però è pieno di uomini che per sentirsi differenti hanno tutti la stessa acconciatura. Perciò, qualsiasi taglio tu faccia per scappare dall’etichetta che ti è stata imposta, sappi che te ne libererai soltanto perché te ne verrà consegnata un’altra; d’altronde pensateci: se basta una frangetta per essere differenti, allora diventiamo la nostra frangetta. Sì, magari lui non sarà come tutti i ragazzi basici, ma sarà di certo come tutti i ragazzi diversi. 

In questo modo si entra in un circolo vizioso di automutilazione e autodeterminazione, processo in cui ogni passaggio è contemporaneamente causa ed effetto del passaggio successivo. 

Svincolanti e classificatori allo stesso tempo, paradossali: i capelli non sono mai solo capelli.




Bibliografia


Borrelli, I.

2024  Il pelo, in “Smack”, n.1, pp. 14-18

Martelli, E.

2023  All’aria sparsi: storia culturale dei capelli, “Il saggiatore”, Milano 



Filmografia


Gli uomini preferiscono le bionde (Gentlemen prefer blondes), regia di Howard Hawks (1953)

Rapunzel - L’intreccio della torre (Tangled), regia di Nathan Greno e Byron Howard (2010)

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